Oasi wwf padule di bolgheri
Parafrasando le parole del poeta Vate Gabriele D’annunzio nella sua lirica “I pastori”, nulla rende meglio l’idea del fenomeno della migrazione di milioni di uccelli che, lasciati i siti di svernamento mediterranei o africani, intraprendono un nuovo viaggio, più o meno lungo, a seconda della specie, ciascuna legata ad una specifica strategia di migrazione, per raggiungere i luoghi dove si replicherà il rito della riproduzione. Nel corso dell’ultima parte dell’inverno e durante tutta la primavera, l’intero bacino del Mediterraneo è sorvolato da una moltitudine di grandi e piccoli uccelli accomunati dall’irrefrenabile istinto che li porterà laddove potranno perpetuare la loro specie. E’ un fenomeno talvolta imponente e facilmente apprezzabile; basti pensare agli stormi di oche selvatiche e di gru che già a metà febbraio iniziano il viaggio di ritorno, tradendo la loro presenza, oltre che per la loro imponente struttura, con i continui richiami “ di contatto” che emettono durante il volo. Le migrazioni notturne che interessano soprattutto i turdidi, dal merlo, al tordo bottaccio, al pettirosso, sono quasi impercettibili. Soltanto chi è predisposto all’ascolto dei suoni naturali, riconosce il transito di questi uccelli. Le passere scopaiole che hanno trascorso l’inverno nelle fitte siepi di rovo e prugnolo, i luì piccoli che sfarfallano nelle giornate invernali soleggiate alla cattura al volo dei pochi insetti presenti, i codibugnoli che con i regoli perlustrano accuratamente ogni piccola fenditura delle cortecce o i germogli appena abbozzati dei frassini ossifilli alla ricerca di minuscole prede, sono ormai pronti per lasciare i luoghi che hanno garantito loro la sopravvivenza per avventurarsi alle alte latitudini dove il sole, in tarda primavera ed all’inizio dell’estate, non tramonta quasi mai.Anche nelle zone umide ed in particolare nei fitti canneti a canna di palude, in inverno trovano ospitalità numerosi passeriformi intra-paleartici, cioè specie che con la loro migrazione non superano mai la barriera ecologica, invalicabile per moltissime specie, del deserto del Sahara. Si tratta di specie che garantiscono la propria sopravvivenza soltanto in presenza di canneto ben strutturato, dove trovare cibo e ripararsi dalle intemperie invernali. Sono il forapaglie castagnolo, il pendolino ed il migliarino di palude. Mentre le prime due specie le troviamo nidificanti anche da noi, il migliarino di palude (nel disegno di Silvana E. Romano) è ospite invernale e di passo durante le migrazioni autunnali e primaverili. Tutte e tre hanno però una caratteristica che le accomuna: le loro migrazioni sono tracciate obliquamente con direttrici est/nord-est – sud/sud-ovest.
Ed è per questo motivo che, con l’avvicinarsi dell’autunno, lasciate le aree di riproduzione dell’est europeo (area balcanica, fino alla Russia europea), arrivano in massa nei canneti dell’Oasi WWF Padule Orti-Bottagone a Piombino, i più estesi della provincia di Livorno; qui, con una specifica campagna di inanellamento a scopo scientifico dedicata proprio a loro monitoraggio e della durata di un mese, vengono raccolte moltissime informazioni, oltre che biometriche, sul loro status, sui rapporto tra i sessi e sul rapporto tra adulti e giovani. La stretta dipendenza di queste specie all’ambiente a canneto, favorisce la ricattura di soggetti già marcati in altri ambiti europei; in particolare ed in primis, l’Ungheria, seguita dall’Ucraina, dalla Russia e da tutti i paesi della ex-Jugoslavia. Così come gli individui inanellati dai nostri ricercatori vengono spesso ricatturati in primavera -estate nei siti riproduttivi est-europei. Il pendolino, che nei soggetti adulti, sia maschi che femmine, presenta una marcata mascherina nera (più estesa nei maschi), si nutre di piccolissimi semi nei canneti ed in qualità di straordinario tessitore, costruisce dei complicatissimi nidi “a fiaschetta”, intessuti mirabilmente con materiali naturale reperiti in loco, fissandoli con un sistema molto efficace alla loro sommità ai rami di tamerici, salici, pioppi e ontani. Per questo motivo con il vento, il nido ondeggia, per nostro modo di vedere, molto pericolosamente. Da qui il nome. Il nido, al suo interno è guarnito con i soffici pappi dei pioppi, le infiorescenze delle tamerici e delle tife mature, garantendo ai pulcini un ambiente estremamente confortevole e termicamente perfetto. Per questa sua particolare “termicità” i nidi di pendolino venivano spesso utilizzati per scaldare i piedini dei neonati nelle famiglie di pescatori che vivevano stabilmente nelle cavane del delta del Po, luogo freddo ed umido in inverno. Nel migliarino di palude, quando giunge da noi a metà autunno, è più difficile la determinazione dei sessi, possibile soltanto analizzando da vicino la disposizione dei colori nelle piume del vertice del capo e del collo. Con il trascorrere dell’inverno e per gli effetti dovuti all’abrasione delle piume contro la vegetazione palustre a contatto della quale la specie vive costantemente, nei maschi si evidenzia il vessillo nero delle piume che, a completamento della livrea riproduttiva, lo porterà ad assumere la colorazione totalmente nera della testa. Il pendolino ed il migliarino di palude hanno entrambi un canto molto simile al suono di un fischietto sottile, talvolta confondibile tra loro. Grazie ad una buona pratica e la capacità di ascolto, si riesce a distinguere l’uno dall’altro. E per ultimo, ma non ultimo, abbiamo il forapaglie castagnolo. Si tratta di una specie appartenente alla famiglia degli acrocefali, tipicamente legati ai canneti, in cui i maschi tendono a posarsi sulla sommità delle canne e lanciare i loro canti di adescamento alle femmine, posizionandosi nel punto più in alto possibile della canna, da cui il nome della famiglia di appartenenza. Dal piumaggio che non trascura ogni tonalità del marrone, presenta una calotta color castano-bruno con un evidente sopracciglio bianco. I sessi sono simili e non distinguibili al di fuori della stagione riproduttiva. Questa specie è inserita nel libro rosso delle specie di uccelli in pericolo di estinzione a livello europeo per l’elevato livello di vulnerabilità delle sue popolazioni, essendo strettamento legata alla esistenza di estese superficie a canneto. Negli ultimi decenni questo habitat ha fatto registrare nel paleartico occidentale (Europa, Russia europea, nord Africa e medio oriente) una progressiva e preoccupante contrazione mettendo in pericolo la sua conservazione.E’ dalla raccolta di serie storiche di dati omogenei, registrati in base all’applicazione di ferrei protocolli operativi, che si possono definire strategie ed azioni finalizzate alla conservazione e dove possibile, al miglioramenti degli habitat elettivi di queste specie particolari e fortemente specializzate. Così, grazie all’attività di inanellamento, coordinata a livello nazionale dall’ISPRA e che vede nelle Oasi WWF un terreno di studio e di monitoraggio privilegiato, con cui i ricercatori WWF raccolgono importanti informazioni sullo status delle specie, si attivano anche campagne stagionali di ricerca aperte alla partecipazione ricercatori, studenti universitari, naturalisti e persone sinceramente interessate a dare il proprio contributo affinché lo straordinario fenomeno della migrazione continui a perpetuarsi senza fine. Chi fosse realmente interessato ad avvicinarsi al mondo della ricerca scientifica legata all’attività di inanellamento degli uccelli, può prendere contatti con chi scrive. Prenotazione obbligatoria a bolgheri@wwf.it cell. 334-7584832.
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