Luciano Zazzeri, unico italiano nella lista dei top 13 al mondo. Ci svela segreti e curiosità sul cibo…
Luciano Zazzeri, patron e chef della Pineta, a Marina di Bibbona, fa parte della categoria dei puri, nella vita come in cucina. Verace e semplice, di tradizione toscana, uomo di mare e di macchia, maestro in cucina e affezionato alla sua terra. Da dove è riuscito a creare uno dei ristoranti, che proprio recentemente, è stato inserito, come unico italiano, nella prestigiosa classifica (13 le posizioni) stilata dal giornalista gastronomico Nicholas Lander, del Financial Times. Affabulatore instancabile, non è raro che si sieda a tavola con i suoi ospiti, integrandosi in conversazioni e storie affascinanti, sulla pesca e sulla caccia. Ma anche sul suo lavoro, sulla magia della cucina che prova a raccontarci partendo proprio dall’inizio…
Com’è nata la Pineta?
I miei avevano una licenza di escavazione di sabbia. Era il 1964. A seguito dell’erosione e delle leggi che cambiavano gliel’hanno tolta e dietro consiglio di un amico finanziere, visto che mio padre e mio zio sono cresciuti nelle caserme dei finanzieri, perchè qui mia nonna faceva la lavandaia e la cuoca per 16 persone al
giorno, suggerì a mio padre di chiedere la licenza per aprire un bar-ristorante. Gli fu concessa. Dodici cabine, ombrelloni e la cucina 3X4. Oggi è La Pineta. Un punto di riferimento già dagli anni ‘60. Era frequentato da tutta la nobiltà del luogo nonostante ancora non avesse ottenuto tutto questo successo. La mia famiglia è nata con la tradizione della cucina, mio zio aveva avuto il Miramare a Castagneto. Camillo Zazzeri era il capocaccia degli Incisa. Quindi apparteniamo anche alle famiglie più storiche di Bolgheri. Lo stesso storico locale, Luciano Bezzini, ha ricostruito un albero genealogico che conta dieci generazioni. La Pineta è cresciuta di pari passo con il turismo.
Vi siete abituati piano piano…
Io facevo il pescatore e il cameriere, a tempo perso, nell’attività dei miei: ora si intacca la quarta generazione con i miei figli. Mio padre faceva il camionista e ha dovuto imparare a portare i piatti. E’ stato molto abile perchè ha fondato le basi del ristorante, con una cucina molto semplice: pesce bollito e spaghetti alle vongole. Anche Bibbona è cresciuta, tutti gli appartamenti realizzati hanno dato un incentivo al turismo e ad un paese molto scontroso, un pò gretto, emancipato. E le cose non sono cambiate tanto. Siamo ancora indietro di cinquant’anni se si va a vedere bene… Noi dovremo essere in grado di lavorare tutto l’anno grazie al mare, alle colline e alle nostre eccellenze agricole.
Il passaggio quando è avvenuto?
Nell’’87 mio padre si è sentito poco bene ed io mi sono trovato da solo a gestire il ristorante. Avevo 30 anni e mi sono dato la zappa sui piedi perchè la stagione è andata benissimo. E’ stato l’anno in cui ho fatto i primi crudi, un crudo minimo, l’acciuga, qualche gambero o mazzancolle. I dolci fatti in casa in maniera creativa, proponevamo varianti. Eravamo un pò antesignani. Proponevo qualità.
E la cucina… come si è evoluta?
Non siamo andati avanti certo per la creatività e gli abbinamenti strani che, a onor del vero, non sopporto un granchè…ma mantenendo un’ottima materia prima, senza maltrattarla. Il pesce con qualsiasi cottura si rovina e quindi ho privilegiato il crudo. La nostra cultura è molto vicina, dal dopoguerra ad oggi mangiamo pesce, perchè i nostri vecchi mangiavano sardine, baccalà coi ceci, non certo scampi… Poi negli anni ‘50 , con l’incremento della pesca in barca a vela, con l’arrivo dei napoletani da Torre Annunziata e Torre del greco, le cose sono cambiate. Un’evoluzione generale che ha coinvolto più settori: pesca, vino, ristorazione, etc…
La Baracca dello Zazzeri
Oggi più che mai c’è da dire grazie al vino. Anch’io all’inizio ero molto scettico sulla riuscita del progetto vitivinicolo in questa zona. Temevo non avessero la tempra giusta, la caparbietà e la possibilità di vincere sul mercato internazionale. Oggi invece il turismo del vino è uno dei portabandiera del territorio. Infatti anche il mio libro si chiama “La baracca dello Zazzeri”. Perchè c’è sempre stata, anche oggi. Qui i miei si spogliavano, posavano gli zaini. Si trova nel parcheggio , al tempo vi arrivavano i camion per caricare la sabbia.
La Una lunga tradizione familiare
Siamo cresciuti da soli, senza fare scuole. Il rodaggio, la gavetta è stata “casa nostra”: mangiando, bevendo e semmai cercando di apprendere, guardando e imparando da chi sa più di noi. Le nonne sono state fondamentali. Io uso ancora , per condire un pesce al forno, il battuto di mia nonna: salvia, rosmarino, sale, pepe e aglio. Che lei faceva seccare e usava principalmente per la cacciagione. Un pesto per l’arrosto passato al pesce. E anche il concentrato che i giovani d’oggi, mamma mia, lo considerano un sacrilegio, invece per me è eccezionale. Si tratta di una cottura finita, con quello fresco resti a metà può mantenersi una grossa acidità. La tradizione è fondamentale, mai dimenticarla. Può si può fare tutto, anche un cacciucco rivisitato come il mio. Ma le basi sono fisse. E magari siamo anche criticati dai veri livornesi, basta dichiararlo. Anzi ora in tanti rifanno il cacciucco. C’è stato un periodo in cui nessuno lo cucinava più. Prima veniva fatto con l’avanzo del pescato perchè non si poteva conservare. E’ un piatto di recupero che veniva cotto 3-4 ore, pieno di lische nel mezzo, direi un mangiare noioso. Oggi è reso creativo e più soggetto a critiche ma resta il fatto che va preparato con ingredienti freschissimi altrimenti …
Boom mediatico: chef e spettacolarizzazione
A volte si esagera. C’è sempre da pensare se seguire le mode o restare sui propri passi. Spesso procedo ma poi mi ritiro. Vedo che i premi arrivano, dalle riviste, dai critici. Non siamo certo stati fermi. Dalla cottura di 2 ore di cacciucco ora siamo passati a 12 minuti circa. E’ un rischio mostrare tutti i giorni la cucina, dal grande chef alla donna di casa. Prima di tutto le norme igieniche: in televisione non sono rispettate. Anche solo l’utilizzo del tagliere di legno che noi siamo impossibilitati ad usare. Io odio i taglieri di teflon…Poi tutto è ciclico, tutto serve.
Il cameriere
E’ diventato un bravo portapiatti ma non condisce più un’insalata. Non lo sa più fare. Mentre noi privilegiamo lo sporzionare il pesce al tavolo, qualifica il cameriere che, con l’avvento dello chef, ha perso campo. Perchè il cuoco è un accentratore, prepara il piatto prontissimo in cucina.
Ospiti importanti
Quando viene a cena Mick Jagger, non faccio un piatto o lo lascio scegliere perchè non lo farebbe. Non ha voglia di decidere. Preparo dieci piatti e lui se li prende, porgendogli il vassoio o servendolo direttamente. Con un piatto unico si stuferebbe. Così lo accontenti e si tratta di un servizio in più.
Cene indimenticabili
La prima cena con 32 persone tra cui Sarah Ferguson e il Principe d’Inghilterra che mangiò l’aragosta col burro fuso, gli avrei dato due labbrate (ride, ndr). Li ospitava l’allora Ministro thailandese e ricordo che li dispose tutti seduti in base al grado di parentela… quasi quasi voleva mettere a sedere anche me (ride, ndr).
Ma si rende conto di essere bravo?
Faccio finta di niente, il più delle volte, perchè ho paura che mi s’intacchi l’equilibrio. Non ho grandi hobby ma ho sempre amato mangiare bene. Facevo il civettaio, andavo a caccia di allodole ma sceglievo di uscire solo coi clienti con cui sapevo di mangiar bene e seduto al tavolo con loro. Con pratica di mangiate e bevute sono cresciuto professionalmente. Spesso ho preso spunti anche dalla terra portandoli nel mare. In Austria mi stupì una zuppa con erba cipollina e pezzetti di carne. L’ho riproposta con il brodo del polpo, cozze, calamaretti, vongole, crostini, erba cipollina… Un cliente mi disse: “io quando muoio non voglio l’olio santo ma questa minestra qui…(ride, ndr)”.
Pesca o caccia?
La seconda è più vicina a noi, più abbordabile. Il mare è infinito, c’è sempre voglia di scoprirlo. Poi la pesca è stata sempre un mestiere, la caccia un divertimento. E’ molto diverso il concetto. La pesca prevale, vorrei tornarci presto, a pescare in mare aperto.
Chef amici
Quando siamo insieme a cucinare non c’è competizione ma piacere di stare insieme e aiutarci. Il confronto e l’apprezzamento tra di noi vale di più di una stella. E non solo in Italia.
Piatti preferiti della Pineta
Ho tre passioni: gli straccetti di pasta fresca con le triglie, il baccalà e il cacciucco.
Bibbona
Non è facile andare avanti nel deserto di Marina e il bibbonese che non sempre capisce l’importanza del mio ristorante. Critica la spesa o altro. Anche in pizzeria paghi il coperto e qui no, pur con sei tipi di pane e il tovagliolo di stoffa. Senza levare nulla a nessuno, c’è spazio per tutti. Nel tempo l’amministrazione comunale poteva fare di più. Ho una strada sterrata da una vita senza una lampadina, ma non si può far niente perchè è demanio forestale. Capisco, ma un politico deve anche saper scegliere, non mi pare una cosa illegale. E’ fare un piacere al turista e ad un cittadino che porta il nome del comune nel mondo.
Di cosa c’è bisogno?
Si dovrebbe fare selezione ed inquadrare meglio la zona. Il mare è libertà, la montagna rigore. Tenere più pulito, dare un’ordine alle strade, migliorare le piste ciclabili che sono troppo strette. Quando vado in comune e parlo di queste cose mi dicono: “ma chiedi sempre le stesse cose?” Forse perchè non sono state ancora fatte? Abbiamo clienti di serie a, b e c. Quelli in alta stagione hanno tutti i privilegi, gli altri niente e non deve essere così. I servizi servono proprio per incrementare il turismo in bassa stagione. Per non parlare delle multe che mi vengono fatte regolarmente. L’anno scorso ho pagato nove multe per i miei clienti. Perchè non c’è stato verso, in tutti questi anni, di regolare i parcheggi qua fuori. Si fa solo favori ai campeggi, ad agosto.
Se tornasse indietro?
Rifarei tutto, aggiustando qualche tiro magari… Mi sono imbrigliato da solo. Mi mancava troppo il mare. E resto aperto anche se non ci guadagno. Qui tutte le mattine passano i pescatori che ti portano il plus del pesce. Ho fatto sacrifici grossi, oggi non dirigo e basta, lavoro se c’è bisogno. Mi piace vedere cosa fanno i miei ragazzi perchè non mi fido di nessuno, basta poco, una piccola distrazione, per perdere credibilità e un cliente che, per conquistarlo, hai impiegato 35 anni.
Come vede La baracca nel futuro?
Non la vedo, è stato una escalation inaspettata. Mi rendo ancora conto di non renderme conto. Sono soddisfatto e godo dei riconoscimenti, questo sì.
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