Legatissimo a Bolgheri ha sterzato le tendenze familiari buttandosi in una nuova avventura: la produzione di birra. Svizzero cresciuto in Italia, il Conte Stefano Hunyady de Kéthely, oltre che fotografo è così diventato un importante produttore della “birra delle formiche”, ovvero la Cudera, realizzata col mosto d’uva in collaborazione con un noto mastrobirraio della Garfagnana. Sposato alla principessa Alexandra Sayn-Wittgenstein ha scelto la Toscana per vivere e precisamente la culla dell’Alta Maremma. Solo che vorrebbe avere un pò più di tempo, per “ricominciare a suonare come si deve…”.
Ci racconta la sua formazione?
Sono nato a Losanna, in Svizzera, nel 1968 da padre ungherese e madre italiana ma sono cresciuto in Italia. Mio padre è morto nel 1970. Mio fratello aveva sette anni e mezzo ed io non ne avevo ancora compiuti due. Ho fatto le elementari in una scuola statale a Roma, le medie ed il liceo in una scuola inglese. Poi una laurea in letteratura francese in America, un diploma in fotografia sempre in America, a New York, dove ho vissuto dal 1990. Lì ho lavorato come assistente per fotografi di matrimoni, di still life e d’interni. Quest’ultimo genere è quello che ho scelto come professione.
Com’è andata come fotografo?
Nel 1998 dopo aver firmato un contratto per un libro (“Italian Country Hideaways”), sono tornato in Italia, a Bolgheri. Dopo dieci anni come fotografo, nel 2007, ho pubblicato il mio terzo libro (“Luxury Houses Tuscany”), che mi è sembrayo esattamente come il primo. Avevo l’impressione di non essermi mosso per un decennio e così mi sono iscritto alla Bocconi per un Executive. L’impatto è stato piuttosto duro, specialmente per le competenze richieste a livello matematico che io non avevo. Lì ho incontrato un’Italia che non conoscevo, efficiente, innovativa e orgogliosa di esserlo. Ho fatto delle buone amicizie ed ho acquisito qualche nuova competenza che ancora oggi mi porto dietro come le lingue e la fotografia.
Il legame con Bolgheri, l’adolescenza, i ricordi più belli?
Con mio fratello ed i cugini passavamo tutte le vacanze con i nonni tra Bolgheri e la Svizzera. Ricordo delle estati lunghissime, caldissime e piuttosto noiose. Più tardi, già molto più grande, ricordo le passeggiate in autunno con cieli blu trasparenti.
Una famiglia molto importante, che cosa le hanno trasmesso? Qual è il filo che vi lega?
Direi che le vacanze passate insieme hanno fatto sì che tra cugini si creasse un legame forte. Questo è il trait d’union con l’affetto e il rispetto che abbiamo per la natura e per le generazioni che ci hanno preceduto.
Lei è più conosciuto per la birra, la Cudera fatta con il mosto d’uva, da dove nasce l’idea?
L’idea arriva da un articolo del Corriere della Sera nel 2007. Si parlava del fatto che le birre dei microbirrifici italiani, che cominciavano ad essere numerosi, venivano fatte con ingredienti legati al territorio italiano. Si parlava di farro della Garfagnana, di castagne dell’Amiata, e mi sono detto perché non il succo d’uva di Bolgheri. In fondo il prodotto più legato a questo luogo è il vino. Ho anche pensato che mettere su un birrificio sarebbe stato difficile e costoso, e forse era meglio appoggiarsi su qualcuno che la birra la sa fare “a modino” come si dice qui. Così è nata la prima Cudera, in Garfagnana, fatta da Roberto Giannarelli. Dopo la prima Cudera italiana, ne è seguita una fatta a Sacramento, in California, con il mosto di Cabernet Sauvignon dell’annata 2013 a Napa Valley. Il mosto del 2014 è già stato raccolto per altre tre zone: Sonoma, Foothills e St. Lucia e le birre dovrebbero essere prodotte presto.Per l’Italia ho una seconda Cudera pronta, anche se da una parte voglio fare una sorpresa ai miei clienti, e dall’altra le regole delle DOC sono così stringenti che non posso effettivamente parlare della provenienza del mosto senza mettermi nei guai.
Un mercato innovativo e di successo per allargarsi al mondo?
L’idea di far fare delle birre a microbirrifici in giro per il mondo, utilizzando i migliori mosti delle zone più vocate per il vino, credo non sia venuta ancora a nessuno. Anche perché le birre sono e saranno tutte uniche. Non sarebbe neanche possibile farle uguali utilizzando del mosto da posti e vigneti diversi. Mettere succo d’uva, o altra frutta nella birra ha un’impronta belga, più che tedesca. Infatti in Germania la birra viene ancora fatta seguendo il Reinheitsgebot cioè la legge bavarese di purezza del 1516 che limita gli ingredienti utilizzabili nella produzione della birra ad acqua, orzo, e luppolo. Addirittura neanche i lieviti sarebbero ammessi.
In tanti pensano che la birra sia realizzato con il mosto Sassicaia?
Il mosto del Sassicaia non è mai stato usato per fare la Cudera e tra l’altro ho scelto di chiamare la birra Cudera proprio per staccarmi da nomi che evocano immagini nel mondo del vino.
Ma è vera la storia delle formiche?
Che mi hanno mangiato il tetto? Guardando su Wikipedia ho trovato informazioni sulla Crematogaster scutellaris (la Cudera) che confermano la loro preferenza per fare il nido nelle vecchie travi o in vecchi alberi.
Una famiglia che ha segnato la storia del vino, si sente un po’ outsider con la birra?
A dire il vero l’idea era di fare l’unica birra in mezzo a tanti vini qui a Bolgheri, proprio per evitare paragoni. Ma anche facendo la birra lei mi chiede se ci metto il Sassicaia, s’immagina se facevo il vino?
Quali sono i progetti del futuro legati alla produzione, ci sono novità?
La Cudera si sta sviluppando velocemente negli Stati Uniti e vorrei trovare altri partner in Europa. La Repubblica Ceca, per esempio, dove si beve buona birra e c’è una discreta produzione di vino mi sembra un buon prossimo passo. Vorrei anche andare in Australia ed in Nuova Zelanda, entrambi produttori di ottimi vini e bevitori di birra.
Di cosa non potrebbe mai fare a meno?
La musica in generale e di una chitarra in particolare. Ho cominciato col suonare la vecchia chitarra classica di mio fratello a sedici anni. In America ho suonato sempre da solo. Negli anni novanta, tornato in Italia, ho preso a suonare con dei bravi musicisti nello scantinato di mia madre: un bassista ed un batterista, ex compagno delle elementari. Una vacanza in Svizzera col batterista e mio cugino Filippo Gaetani, grande musicista e produttore musicale, ha dato vita ad un CD. Poi un secondo disco (che si trova su iTunes) ed un concerto al Parco delle Sughere nel 2002, con Stefano Lunardi al violino ed Alessandro Riccucci (della Magicaboola Brass Band) al sassofono. Ultimamente non suono quanto vorrei, ma quando succede il tempo non basta mai e le ore volano.
Su Bolgheri cosa ama più di tutto?
Passeggiare in autunno: giornate fresche, senza afa e finalmente con un pò di calma.
Com’è cambiata nel tempo, come la ricorda, cosa si è perso?
Bolgheri è cambiata molto: ricordo come in passato si trovava parcheggio senza dover fare lunghe, e a volte piacevoli passeggiate!
Cosa servirebbe?
Personalmente vorrei una banca aperta tutti i giorni e l’ufficio postale.
Come vede il futuro in questa fetta di Toscana baciata dal sole?
Lo vedo bene. Credo che i vigneti e il loro valore hanno in qualche modo mitigato il pericolo di speculazioni edilizie che non mi piacciono.
Cosa cerca di trasmettere ai suoi figli?
Ho letto due libri molto interessanti (“The Limits of Family Influence” di David C. Rowe e “The Nurture Assumption” di Judith Rich Harris) dove si dimostra con successo che in termini di comportamento, oltre al corredo genetico, i genitori danno ben poco ai loro figli. Per chi ci sta leggendo e pensa di essere un genitore apprensivo consiglio la lettura di entrambi: non vi stressate troppo e siate voi stessi. Alla peggio cresceranno come voi. Detto questo credo che i bambini siano spugne e quindi spero che da mia moglie prendano molto e da me un pò meno salvo l’amore per gli animali e la musica.
L’economia in questo momento soffre, basta non perdere la speranza?
E vero, si dice che la speranza è l’ultima a morire. Per la birra comunque sono felice di aprire mercati nuovi all’estero.
Sogno nel cassetto…
Viaggiare molto e riprendere a suonare come si deve.
Da dove ricomincerebbe con la macchina del tempo?
Al momento non ho rimpianti. Se penso a mio padre che ha perso tutto ciò che aveva a venticinque anni ed è morto prima di compierne cinquanta so di essere estremamente fortunato.