Isabel Knauf racconta come la famiglia produca vino dal 1971 in Germania
La famiglia Knauf, forse non tutti sanno, ha sempre prodotto vino. Ingegnere alla sesta generazione, Isabel Knauf parla un italiano fluente, merito delle due settimane di corso intensivo, che ha frequentato, nel 2006, ad Ischia. “Una scelta nel rispetto del paese – ha detto- sono qua e devo parlare l’italiano. Mi è stato abbastanza semplice per gli studi di latino che avevo fatto a scuola”. Una vita vocata al gesso che fa di Knauf un’azienda leader nel mondo e una sicurezza maturata nel tempo, il vino non sarà mai il loro lavoro principale …“è troppo variabile … (ride, ndr). Fare vino è emozione ed energia ma serve tanta fortuna temporale”. Abbiamo cominciato a Bolgheri nel ’97, l’acquisto è seguito nel ’98. “Ci siamo concentrati sul terreno, abbiamo piantato vigne nel rispetto e sfruttando il potenziale – ha spiegato Isabel Knauf – . I vini prodotti erano molto deboli all’inizio, commercialmente parlando, col nome Campo alla Sughera. Abbiamo scelto di non identificarli, volontariamente subito con la nostra famiglia, volevamo che si facessero strada da soli. La prima vendita seria è stata nel 2004. Una storia che inizia lontano. Già gli antenati della famiglia Knauf, originari della Valle della Mosella in Germania, coltivavano le viti su terreni gessosi molto fertili. In particolare, quello che viene definito “il vino della casa”, un Riesling annata 1971 denominato “Igeler Gipskaul”, rappresenta un importante pezzo di storia che spiega anche il legame della famiglia con il mondo del vino. Isabel è cresciuta a Ihringen, quella che si dice essere la cittadina più calda della Germania, situata a nord di Basilea alle pendici del Kaiserstuhl. Una zona molto dedita alla viticoltura in cui il padre vive tutt’ora e dove la famiglia possiede circa 35 ettari di vigneti. Isabel Knauf ricorda con affetto e nostalgia questo posto idilliaco, lei stessa ci racconta delle scampagnate tra le vigne che hanno caratterizzato la sua giovinezza. È chiaro che la viticoltura è da sempre scritta nel destino della famiglia Knauf. Oggi Isabel vive a Iphofen, in Baviera, dove ha sede l’azienda Knauf. Anche qui la famiglia possiede un ampio appezzamento di vigne che coltiva nelle campagne vicine allo stabilimento. “Siamo nuovi solo per Bolgheri nel mondo del vino – continua. Prima siamo approdati in Emilia Romagna dove producevamo un sangiovese, poi abbiamo venduto l’azienda. Una produzione molto tradizionale. Qui ci ha colpito la geologia, la geografia del territorio. Volevamo puntare alla professionalità, alla qualità. Abbiamo atteso sette anni prima di dare il nostro vino nei mercati. Il 2004 è stata la prima annata che abbiamo condiviso. Il 2007 è stato il nostro anno della sfida e abbiamo deciso di tagliare un po’ di produzione”.
Bolgheri ha conquistato il mercato mondiale grazie alle grandi bottiglie ma vi è anche una percezione estera particolare. “Il vino di Bolgheri si è sviluppato molto negli ultimi venti anni con un livello crescente -spiega Isabel. Credo che la qualità si veda di più nella annate peggiori che in quelle migliori. Ed è ancora in crescita. Ci sarà una seconda fase dopo quella dei Super Tuscan. Un’evoluzione data anche dalla gran crisi del 2009-2010. Il mercato della gamma alta ha molto sofferto. Anche i distributori hanno ridotto gli acquisti, non vogliono ammucchiare troppe bottiglie nelle cantine. I buoni vini italiani hanno sempre avuto bisogno di dieci anni per arrivare ad un ottimo livello e quindi non c’è più molta voglia di attendere così tanto tempo. E’ una sorta di investimento. A distanza di tempo non si trovano più certe bottiglie. I viticoltori che producono vari tipi di vino hanno la possibilità di fare vini meno complessi, da bere come entrata per esempio e altri più complessi. Ma non per tutti è così”. Sicuramente le vendemmie tra Basilea e Bolgheri sono differenti. “Qui le colline sono dolci. A Basilea la vista è molto bella ma le vendemmie costano 4000 calorie al giorno (ride, ndr). I giovani hanno la possibilità di lavorare e guadagnare un po’ di soldi ma è molto pesante fisicamente rispetto a questa zona”.
Perché proprio Bolgheri?
Facciamo vino da 46 anni in Germania e abbiamo due cuori nel petto, produttori di gesso e di vino. Però quando compriamo terreno per la cava pensiamo al futuro. Siamo arrivati nel 1982 in Italia in Emilia Romagna, Cassano, con un piccolo asino nell’etichetta. Negli anni ’90 abbiamo sviluppato la cartografia di tutta la zona, quando abbiamo fatto lo stabilimento a Castellina. Perché non il vino qua ci siamo detti? Ci sono Sassicaia, Ornellaia… perché non provare? Non eravamo i primi ma nemmeno gli ultimi. L’idea era quella di fare un gran prodotto in un territorio così vocato.
Uno degli obiettivi principali è sempre stato la vigna?
Con il passare del tempo, vedendo crescere i vari vitigni, vivendo la loro risposta vegetativa, riproduttiva ed enologica al variare delle stagioni, siamo riusciti ad apprendere la loro natura. Siamo così intervenuti, anno dopo anno, con aggiustamenti e miglioramenti nella loro gestione: oggi possiamo tranquillamente dichiarare che la scelta fatta all’inizio è stata vincente. I vari vitigni hanno reagito e risposto al nuovo impianto in maniera diversa, sempre in modo positivo ed alcuni esaltando le loro caratteristiche più particolari. Penso per l’appunto agli splendidi risultati ottenuti con il Petit Verdot e con il Cabernet Franc: in particolare il Petit Verdot, quasi sconosciuto nella zona alla fine degli anni ‘90. Ha risposto in maniera sorprendente dal punto vista vegetativo, produttivo ed enologico. Come se l’ambiente bolgherese fosse un habitat pedagogicamente e climaticamente ideale per questo vitigno.