Fulvio Pierangelini
Fulvio Pierangelini

Incontro con Fulvio Pierangelini, lo chef pluristellato e apprezzato in tutto il mondo

Fulvio PierangeliniIl grande solista, l’orso scopritore, il campione della cucina umanista, il buddha della cucina italiana, il cuoco del sex appeal…potremmo trovare mille definizioni per uno degli chef più famosi al mondo ma diremo soltanto che ogni epiteto a lui dedicato designa un grande genio dell’arte culinaria, colui che incarna la rivoluzione cultural-gourmet. Fulvio Pierangelini ha lo spessore della vera vocazione, prima di essere una scelta professionale la sua è stata una scelta di vita. Lui non fa il cuoco, è il “cuoco”, così è scritto nella sua carta di identità. Amatissimo non solo in Italia ma anche in Francia, dove gli è stato dedicato un libro, “Toscane”, di Francoise Simon scrittore e critico enogastronomico di Le Figaro, che in un articolo recente ha definito i suoi ravioli al pomodoro in maniera un po’ blasfema, come “fatti dalle mani della vergine Maria!” Pierangelini è rimasto un vero artista, ma la fama sembra non sfiorarlo, è un affabulatore caratterizzato da una voce sensuale che ha le pause e il tono di un esperto attore teatrale (ha recitato nel Caligola di Tinto Brass); Carla Capalbo, illustre giornalista italo americana, lo definisce l’uomo più sexy al mondo e la sua cucina quella con più sex appeal.

E pensare che poteva diventare un diplomatico, come sarebbe piaciuto a suo padre, aveva vinto anche un concorso! Ci ha accolto nella casa romana dove il giardino pensile ospita limoni, pompelmi, piante di cappero che si aggrappano al muro mentre insieme ad un’altra cinquantina di piante aromatiche in attesa di essere colte. E’ arrivato in bicicletta da Campo dei fiori, il mercato più famoso di Roma, dove ogni mattina va a scegliere le verdure per il lussuoso hotel Russie, di cui è direttore artistico food, in via Del Babuino, un tempo il preferito dai Romanoff e dei grandi artisti dell’epoca. Ha l’aria dell’eterno ragazzo, capelli scapigliati che lo accostano all’immagine della Gorgone greca, e di chi si è conquistato il privilegio di vivere la propria vita senza imposizioni, scegliendo ciò che più gli piace. Qualcuno parla di una seconda vita ma lui dice “che è la sua prima vita, dove finalmente può gestire meglio il suo tempo dopo anni e anni di duro lavoro al Gambero Rosso”. Dopo la chiusura del ristorante il mondo ha sussurrato, la rete si è fatta sentire, ha sentenziato, ha chiesto e consigliato senza sapere che Fulvio Pierangelini non ama molto questo meccanismo: “che non ha niente di democratico – had etto – ma somiglia piuttosto a una dittatura che mi disarma. Per il momento non avrò più dei fornelli stabili, cucinare per chi paga e pretende non fa più per me, non si può quantificare un’emozione, un sacrificio, una passione. Chi fa cucina merita rispetto”. 

Ha mai pianificato o fatto scommesse in vita sua?
Mai. Né piani, né previsioni. Ho sempre seguito le mie emozioni, altrimenti non mi sarei mai fermato a San Vincenzo che, all’epoca, era un paese irraggiungibile! C’era soltanto la vecchia via Aurelia che passava per il centro, arrivare da Roma o Milano era quasi impossibile, in estate ci volevano ore ed ore. Il paese lo conoscevo perchè i miei genitori, in estate, prendevano l’ombrellone al “Bagno Brunella” dei Cirenei. Facevo l’università con dei lavoretti stagionali e i miei non ne erano contenti. Ho fatto il bagnino e l’istruttore di vela a Riva degli Etruschi. E proprio lì ho scoperto la passione per la cucina, latente in me fin da bambino, quando mi piaceva osservare mia madre e mia nonna all’opera. Inizialmente, nelle giornate di pioggia, mi sedevo ad osservare i grandi cuochi della cucina classica che realizzavano piatti per il ristorante. Ero affascinato da loro. Una sera, d’inizio autunno, in cucina c’erano pochi cuochi, arrivarono dei clienti inaspettati e mi prestai per dargli una mano. Fu la prima grande vera emozione della mia carriera! Già cucinavo per gli amici ma farlo per dei clienti era un’altra cosa. Respirare l’aria della cucina mi dava gioia, iniziai così ad appassionarmi alle materie prime, a leggere, a studiare, sono sempre stato molto esigente e pignolo in tutto ciò che era la ricerca.

“Fare cucina non è il mio unico interesse, tengo molto alla libertà e non farò per trent’anni il ristoratore. E’ un lavoro molto duro e spesso sei giudicato, spiato e criticato sotto ogni punto di vista. La libertà per me è poter cambiare, fare altro. In questo momento l’interesse maggiore è rivolto a “Il Bucaniere”. In questo periodo  la guida dell’Espresso mi ha dato 15 punti su 19 e 1 cappello ed è una grande soddisfazione. Mio padre mi aveva anche proposto di lavorare con lui ma non me la sono sentita di prendere un impegno definitivo. In questo momento sta facendo un lavoro molto difficile visto che deve conciliare i suoi canoni di perfezione con una ristorazione alberghiera, per anni si è battuto per una cucina di qualità e sicuramente riuscirà anche questa volta, non a caso oggi i suoi spaghetti al pomodoro sono diventati un piatto di alta cucina di ristoranti a 5 stelle lusso e non più un piatto che si cucinava per i bambini. Mio padre riesce sempre ad imporre il suo volere e oggi il livello della ristorazione degli hotel che dirige si è innalzato. Ma lui è lui, uno dei difetti e dei pregi di mio padre è quello di non aver mai ceduto a compromessi, è sempre andato avanti senza chiedere niente a nessuno, è questa la sua forza. Quando ha chiuso il Gambero aveva le sue ragioni, mi piace paragonarlo ad uno sportivo che ha raggiunto i massimi livelli e vuole chiudere la carriera in bellezza”.. Fulvietto Pierangelini

E poi cos’è successo?
Nel 1977, mentre ero istruttore di vela e stavo tutto il giorno in barca a insegnare ai ragazzi, capitò l’opportunità di prendere in gestione il ristorante “La casa Rossa”con degli amici. La sera arrivavo con le mani segnate dalle corde della vela, il salmastro sul volto, ma la voglia di cucinare faceva passare tutto. Iniziò così il periodo della cucina alla “lampada”: scendevo in sala e cucinavo con padella e fuoco davanti ai clienti. Soltanto nei grandi hotel si faceva quel tipo di cucina e sorpresi un po’ tutti. Avevo 24 anni e tanta voglia di fare. Nel 1980, insieme a mia moglie Manuela, aprii il Gambero Rosso.
Fulvio Pierangelini e FiglioChe pensa di tutti i programmi di cucina e dei tanti chef di cui si sente parlare?
Nella mia carta d’identità c’è scritto “cuoco” e io lo sono, in ogni espressione del mio quotidiano. Oggi tutti possono dire di tutto, spero solo che ciò che si dice sia valido. Sicuramente ciò che vediamo nei programmi avviene troppo velocemente, più che cucina si potrebbe definire folklore, caricatura di un modo di cucinare costruito e non veritiero. Fare cucina significa fare cultura ma diviene decadenza nel momento in cui ad essa si legano interessi e rapporti commerciali.
San Vincenzo oggi è orfano di lei e questa cosa si sente. Per fortuna c’è suo figlio Fulvietto che ha preso le redini de “Il Bucaniere”…
Ognuno ha quello che si merita, ho dato tanto al paese, ho ideato la Festa della Palamita e ho contribuito a renderla grande ma l’amministrazione mi ha ignorato. Avrei voluto aprire una scuola di cucina nella Torre ma non è stato possibile. Sarebbe arrivata una forza nuova e tutti ne avrebbero beneficiato. Oggi San Vincenzo è tornato ad essere un paese anonimo, come lo era prima del mio arrivo. Mio figlio porta avanti con successo il nuovo “Bucaniere”, ha capito tutto ciò che io non gli ho mai detto, sono orgoglioso di lui, spero che abbia un grande futuro. Nessuno gli ha imposto di seguire le mie orme ma è bello che abbia scelto di farlo. Non sono certo amante delle dinastie, non ci credo, vedo comunque in lui e nei miei nipoti Martino ed Emanuele una continuità. Mi fa piacere. L’unica cosa che gli ho insegnato è l’importanza delle materie prime. Se non trovavo qualcosa che mi serviva lo facevo addirittura produrre, non serve mascherare i cibi per fare cucina, occorre estrapolare il meglio dal prodotto naturale.
E’ vero che deve tutto a un ragazzo?
Si, un pomeriggio di noia mi allontanai dal bagno e in riva al mare trovai un ragazzo che stava suonando la chitarra, era il periodo dei falò sulla spiaggia, di Baglioni e Battisti strimpellati dai ragazzi. Mi fermai a parlare con lui e mi disse che l’indomani sarebbe partito lasciando libero il posto di bagnino. Era la mia occasione e grazie a lui la mia vita ebbe una svolta. Il destino è sempre in agguato e spesso trasforma e modifica i nostri piani… casualmente…

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Toscana pura, giornalista nel Dna, ho una laurea in lettere moderne conseguita all’università di Firenze. Non ricordo bene quando ho iniziato a scrivere, ma ero parecchio bassa. I colori e i profumi della natura mi hanno sempre ispirato, la mia valigia è piena di parole… e mi concedo spesso licenze poetiche… Poi è arrivato il vino, da passione a professione. A braccetto con la predisposizione e pratica attiva per i viaggi e la cucina internazionale e ancor più italiana… assaggiare ed assaggiare… sempre. E’ giunto il momento di scriverne, con uno spirito critico attento. Da sommelier ho affinato certe tecniche di degustazione ma quello che conta nel vino,come nella vita, è l’anima. Basta scoprirla. E’ bello raccontare chi fa il vino e come lo fa. Perché il vino è un’inclinazione naturale…