CASTELLINA IN CHIANTI Alla scoperta di un vitigno poco comune in Toscana, il pinot nero, e in una terra che produce da sempre tutt’altro, e che fa capo alla grande denominazione del Chianti Classico. Un viaggio che dura dieci vendemmie condotto con coraggio e tenacia dall’enologo, “figlioccio” di Giacomo Tachis, Alessandro Cellai (oggi enologo di punta del gruppo Castellare di Castellina del dottor Paolo Panerai). Siamo a Castellina in Chianti dove si trova la sua azienda Podere Monastero per festeggiare il decennale delle due etichette (prima uscita del 2006): La Pineta (100% pinot nero)e Campanaio (50% cabernet sauvignon e 50% merlot). Tre ettari, circa diecimila bottiglie, la produzione varia a secondo delle annate, per una agricoltura condotta secondo i principi della biodinamica.
“Manca Giacomo Tachis – ha esordito Cellai nella serata di celebrazione dell’anniversario della sua azienda (tenutasi a Villa Casalecchi a Castellina) avevamo progettato questa degustazione assieme e sono sicuro che dal cielo ci sta guardando, godendosi la serata”.
L’azienda, nata nel 2000, si trova a 500 metri di altitudine, tra le dolci colline del Chianti senese, i terreni più adatti per piantare i cloni e i porta innesti, personalmente selezionati da Cellai tra i più prestigiosi vivaisti della Francia. Un sogno al quale si è dedicato con grande passione e cura e che nel 2006 ha portato alla luce le prime bottiglie, due rossi di grande personalità, per esaltare al massimo le caratteristiche peculiari dei vitigni che li compongono, senza oscurare i lati positivi del terroir di questo angolo di terra toscana.
“La passione per il Pinot nero – continua – nata ai tempi della scuola di enologia mi ha portato fino ad oggi. Un viaggio in Borgogna con l’assaggio di vini straordinari che non ho mai dimenticato e da lì il sogno di produrre, o meglio provare a produrre qualcosa di simile. Inoltre all’interno della proprietà vi erano terreni nati per la produzione di questo vitigno, due ettari ricchi di calcare. Per quattro anni ho studiato la zona con un’analisi del terreno e della microclimatica poi ho deciso. Il biodinamico è per aver rispetto della vita, me lo diceva sempre Tachis, per riceverlo bisogna darlo nel vino”. E un’unica grande verità oltre che il must di Cellai. “Nel vino serve l’anima del produttore ma anche il territorio deve essere sempre ben vivo”. E così i suoi vini con vitigni più alternativi a quelli del Chianti classico raccontano però molto di questa fascia di toscana per complessità, profumi e freschezza.
Podere Monastero produce anche la Grappa di Pinot Nero Riserva, una grappa vera, molto morbida e raffinata che rispecchia il vitigno Pinot Nero, e viene affinata per 60 mesi nelle stesse barriques che hanno ospitato il vino La Pineta.
APPUNTI DI DEGUSTAZIONE
Di Divina Vitale
Riconoscendomi un palato giovane tra i big assaggiatori, un gran parterre di esperti da tutto il mondo, seppur amante del pinot nero (La Pineta) debbo riconoscere all’enologo e titolare dell’azienda Alessandro Cellai una ricerca perpetua, un’evoluzione ben definita di anno in anno che ha trasformato il primo vino del 2006, ancora in prova, ancora incerto, in un crescendo che si palesa bene nel 2014 e ci promette un grande futuro per il 2015 (presentato in anteprima). Dieci anni di studio intenso in cui non si è lasciato niente al caso e che parlano di pinot in terra di sangiovese mantenendo il contatto con la terra natìa, percepibile nella profondità dei profumi e anche all’assaggio attento. Quello che gli va riconosciuto è senz’altro il lavoro da “artigiano del vino”, da colui che non si accontenta e cerca sempre il meglio. Lontano dalle logiche di marketing e di vendita che si trovano in tanti vini tagliati e decisi a tavolino. E con un maestro e amico come Tachis non poteva essere altrimenti. Lo ha detto la figlia stessa, Ilaria, presente in sala. “Per mio padre Alessandro era come un figlio e ci sta tenendo per mano nella nostra nuova avventura”. Accanto al Pinot festeggia 10 vendemmie anche Campanaio, dieci anni in cui lo stesso Cellai ha ammesso di avergli tirato il collo, mentre di essere stato più gentile con il Pinot. Una vigna posizionata un po’ più in alto rispetto a quella del Pinot. Un vino che si accosta alla produzione chiantigiana per la scelta dei vitigni e che denota grande complessità e struttura, riconoscibile infine l’eleganza donata dalla morbidezza dei tannini.