Abbiamo incontrato Luca Faggella, cantautore livornese che da quasi vent’anni attraversa la scena musicale italiana lasciando dietro di sé una forte traccia autoriale e raffinata. E’ da poco uscito il suo ultimo album, Discografia: Antologia di canzoni (1998-2015), una raccolta che molto racconta del suo passato musicale ma che, grazie ai sei inediti, anticipa cosa sentiremo in futuro. Tante collaborazioni importanti -da Max Gazzè a Giorgio Baldi ed Elisa Arcamone – trovano spazio in quest’album che, prendendo in prestito il titolo d’apertura Tempo, attraversa il tempo e ci restituisce emozioni e sensazioni del passato con una nuova veste. Un album, quello uscito lo scorso 20 novembre, in cui Luca Faggella ha voluto raccogliere brani provenienti dalla sua discografia per segnare una strada che racconti per filo e per segno la sua carriera, i suoi cambiamenti e la metarmorfosi di un uomo che osserva il mondo con uno sguardo critico e mai banale. Dall’infanzia a Livorno, nel popolare quartiere Ovosodo all’inizio degli anni ’70, alle canzoni d’amore, passando per brani tratti da Tredici Canti e Ghisola, in questa antologia c’è tutta l’anima labronica e verace di uno dei cantautori più rappresentativi di questa città.
Il 20 novembre è uscita la sua prima antologia musicale che racchiude 17 anni di cantautorato: 13 vecchie canzoni e 6 inediti. Come è strutturato questo nuovo disco e quali generi di canzoni ha selezionato?
L’album è del tutto nuovo, vi trova posto tutto il cammino artistico compiuto fino ad oggi. Piuttosto che un album di nuove canzoni ho pensato che era ora di raccogliere la semina e stabilire un percorso che unisse tutto. Non ho pensato ad un anniversario, a dire la verità: credo sia la cosa giusta da fare,
compilare io stesso quel che desidero resti, vecchio o nuovo che sia, non importa. Per me è tutto nuovo, oltre alle canzoni anche la scelta dal passato. Significa cercare un percorso di ascolto ordinato e coerente, una copertina, una storia…
Il singolo di lancio, per cui è stato realizzato anche un videoclip, è Tempo, una canzone eterea e surreale: come è nata e con lei cosa hai voluto comunicare?
È nata grazie a Giorgio Baldi e a una bella ispirazione di primavera, al libeccio, al sentire che gli anni passano sempre più veloci. Come essere su un treno ad alta velocità: le cose passano, vedi e vivi un momento ed è già lontano, alle spalle, eppure c’è sempre. Nella memoria, nelle parole, nei racconti ad un amico, in una canzone. Tempo è l’ultima canzone che ho registrato e la prima di Discografia. L’Antologia infatti inizia dall’oggi. Oggi è importante e le cose successe prima ci sono dentro.
La sua è ovviamente una musica d’autore in cui atmosfere musicali e testi si completano a vicenda, creando armonie distintive e personali. A chi si ispira e quali sono stati i tuoi maestri?
Musicalmente, a livello di songwriting come si dice, inizio bambino con Jacques Brel e Lou Reed. Ma anche se sono uno che fa canzoni, ho riferimenti ampi e vari, anche musica strumentale e non di questo secolo o di quello passato perché amo molto la musica del Settecento. E John Cale, Leonard Cohen, ma anche l’antichità di Pierre de La Rue. E i testi non hanno radici solo nelle canzoni ma anche in Husserl, Enzo Paci, nella fenomenologia. Lo so sarà noioso da dire, forse, ma la filosofia ha molto a che fare con i testi che scrivo, insieme a Piero Ciampi, ai Joy Division e alla Bibbia, a Dante Alighieri e, non ultimi, i discorsi fatti con amici, conoscenti o sconosciuti perché tutti sono poeti e filosofi, tutti ispirano e insegnano qualcosa.
Livornese doc, è il miglior cantore di Piero Ciampi. Quanto c’è di ciampiano nelle sue canzoni e quanto, a Livorno, è rimasto del suo incredibile poeta?
Credo che Piero Ciampi non sia un fatto livornese, ma europeo, credo che Piero Ciampi sia “figlio d’Europa”, per citare i Velvet Underground. Ecco penso che sia tra i poeti, con Caproni, quello che più avvicina Livorno al mondo, rende la città meno isola e isolata, più punk, contemporanea, vera. A Livorno e al mondo resta il poco che Piero Ciampi ha pubblicato e messo a posto del suo lavoro ma quel poco ha tanta qualità e cresce man mano che passa il tempo. Piero Ciampi nelle mie canzoni penso sia molto importante e non lo ho mai nascosto.
Livorno. Quale futuro vede per la sua città?
La chiave del futuro di Livorno sta nella sua identità e quindi nelle sue radici… se non si apprezzano non c’è futuro. Livorno che ne dica la attuale vulgata è città colta, cosmopolita e bella. Questa bellezza non è nella sua bruttezza anni ‘80, del secolo scorso, ma nelle Terme del Corallo, nella Piazza Grande secondo la pianta originale, in un urbanismo moderno e aperto al mondo. Nelle lingue delle nazioni che la fondarono, tedeschi, inglesi, giudei, greci…una città giovane, moderna, proto rinascimentale e rinascimentale. Non ha antichità. La sua anima è viaggi, cultura, scoperte, lingue, Europa, mare. Vele appunto. Livorno è Attias e il suo salotto con Montaigne e l’intellettualità del XVIII Secolo, la stampa dei Delitti e delle pene del Beccaria e dell’Enciclopedia. È Giuseppe Maria Cambini che inventa il formato del quartetto d’archi. Modigliani e l’Africa, Piero Ciampi e Giorgio Caproni. L ‘architettura e l’urbanismo livornesi sono il suo futuro. O non c’è futuro. L’ignoranza non è la bandiera di questa città. È la condanna che la annienta perché è il contrario della sua natura, della sua recente origine. Livorno è appena nata, ha solo quattro secoli di vita. Giovane e bellissima anche e contro chi l’ha, a vario titolo, devastata e compromessa.