FAbrizio Mannari
FAbrizio Mannari

FAbrizio MannariE’ nato proprio davanti alla Banca di Castagneto Carducci, in via dei Molini. Che sia stato un segno del destino? Forse si, perchè oggi ne è ai vertici. Classe ‘63, Fabrizio Mannari è Direttore Generale della Banca di Credito Cooperativo, oltre che Presidente della Cabel Industry, una società di 140 persone, con sede a Empoli, che si occupa, principalmente, di information tecnology e che annovera tra i suoi clienti circa una quarantina tra banche italiane ed estere. Ma i titoli non finiscono qua. E’ anche Vice Presidente di Cabel Holding, la società che trent’anni fa nacque per volontà di tre Bcc toscane: Castagneto, Fornacette e Cambiano in cerca di autonomia rispetto al mondo degli altri crediti ritenuti, al tempo, troppo oppressivi. Infine amministratore della Cabel Leasing Spa, società strumentale della banca. Solare e sportivo, non ama solo i conti ma anche la musica che “pratica” fin da giovane. Negli ultimi anni ha fatto dei viaggi, un’altra passione, un’esperienza sempre nuova da condividere con gli amici della banca.

Quando è arrivato com’era l’economia del paese? Come l’ha vista cambiare?
Al tempo, l’aprile del 1989, era la Cassa Rurale ed Artigiana. Eravamo una decina di dipendenti con due filiali operative, Castagneto e Donoratico. Le componenti dell’economia, allora, non erano poi tanto diverse dalle attuali: agricoltura, turismo ed i poli industriali di Rosignano e Piombino, l’area industriale di Livorno con il porto ed, in misura minore, la nautica che ha sempre avuto un ruolo importante per qualità dei prodotti e livelli di occupazione. Oggi rimangono produzioni di eccellenza nel campo cantieristico, legate soprattutto alla costruzione di canoe, che ritengo abbiano beneficiato del know out accumulato in quegli anni. L’industria purtroppo vive momenti di estrema difficoltà che si traducono in una imponente diminuzione dei livelli occupazionali. A questo proposito, ritengo sia necessaria una svolta politica che delinei la strategia industriale non solo della nostra Provincia ma anche e soprattutto del Paese che dovrà decidere come indirizzare lo sviluppo dei prossimi anni.
Ovvero?
Ci sono paesi dove produrre costa meno ma la fantasia, l’inventiva e l’estro di noi italiani non sono poi cosi diffusi nel resto del mondo… 
Forse dovremmo concentrarci nella lavorazione di semilavorati, per produrre articoli di alta qualità che ci permetterebbero di aggredire un mercato sempre più grande: è uno dei vantaggi della globalizzazione. L’agricoltura invece ha cambiato radicalmente faccia, dalle coltivazioni di pesche, fragole, e ortaggi siamo passati ad un paesaggio caratterizzato da oliveti e vigneti. Le aziende vitivinicole si sono moltiplicate sulla scia del successo del “Sassicaia”, vero pioniere dei vini bolgheresi. L’agricoltura attuale è gestita a livello imprenditoriale, non più rivolta al sostentamento della famiglia ma focalizzata alla produzione, alla qualità dei prodotti ed alla creazione di posti di lavoro. C’è però un’altra agricoltura, quella delle produzioni ortofrutticole che stenta a crescere, non tanto per volontà degli imprenditori quanto per un mercato in mano a grandi operatori che non consentono livelli di redditività tali da consentire guadagni e relativi investimenti. Il turismo è il vero motore trainante dell’economia della nostra provincia ed anche in questi anni di crisi riesce a mantenere le performance su livelli soddisfacenti.

Ma non basta…
Anche in questo settore occorre maggiore impegno e consapevolezza da parte delle amministrazioni per definire, magari insieme agli operatori turistici, quale tipo di cliente intendiamo intercettare. Viviamo in Toscana , abbiamo un paesaggio e testimonianze storiche che tutto il mondo ci invidia, dovremmo puntare, almeno in parte, ad un turismo “ di qualità” per diversificare l’offerta ed evitare che in futuro, quando subiremo la concorrenza di altri paesi che invece lavorano e si strutturano per il turismo “di massa” , le nostre aziende risultino inadeguate agli standards richiesti dalla clientela piu’ esigente.
Ha qualcosa in mente? Perché non rinnovare il look delle nostre località balneari, magari con la complicità delle amministrazioni locali, nello sburocratizzare le pratiche autorizzative e con l’aiuto della banca locale, per fortuna c’è, che potrebbe finanziare a tassi agevolati, meglio ancora se con qualche contributo pubblico.
Come ci si sente ad essere il direttore della banca di casa? Siete un punto di riferimento importante nel territorio …
Ci sono aspetti positivi e negativi. Tra i positivi sicuramente una profonda conoscenza del territorio, delle persone, delle aziende. Questo rende più facile il mio lavoro e consente un vantaggio competitivo nei confronti delle altre banche concorrenti. Purtroppo non sempre le cose vanno bene e talvolta dire di no a persone amiche, non è facile. In banca ho ricoperto quasi tutti i ruoli, talvolta mi chiamano ancora perché non funziona un bancomat o un Pos di un negozio, l’importante è mantenere la disponibilità. Sono felice di poter contribuire alla crescita del territorio, non solo dal punto di vista economico ma anche per iniziative sportive, culturali, associazionismo, e per gli enti locali. Così posso concretizzare la sensibilità e l’affetto verso la mia terra. Naturalmente è attraverso l’erogazione del credito ed i servizi resi ai risparmiatori che la banca riesce ad esprimersi al meglio ed in questo campo abbiamo sempre dimostrato la massima disponibilità ed attenzione, non certo per merito del sottoscritto ma mediante il lavoro di tutti i dipendenti e nel rispetto delle linee strategiche delineate dal consiglio di amministrazione.
Com’è cambiata la richiesta negli ultimi venti anni? Chi soffre di più?
Da qualche anno c’è poca propensione ad investire ed è frequentissima la richiesta di prestiti di consolidamento, a medio lungo termine, che hanno lo scopo di concentrare le esposizioni a breve delle imprese. Rarissime le richieste di investimenti in innovazione di processo o di prodotto, segno evidente di una congiuntura difficile che viene affrontata con la massima prudenza. Naturalmente tutto ciò non aiuta ad uscire dalla crisi ma piuttosto va a peggiorare ulteriormente la situazione. Tra i settori maggiormente colpiti spiccano il commercio e l’edilizia mentre si denotano segnali positivi tra le aziende che hanno provveduto a diversificare l’attività attraverso mercati esteri. .
Quali sono stati gli eventi che hanno segnato la Banca?
Il centenario, festeggiato nel 2010 con una bellissima festa al Castello di Castagneto e la successiva festa del socio alla Torre di Donoratico, è ancora vivo nei ricordi di tante persone. Pensare che fino al 1990 avevamo due sole filiali e oggi la banca conta 20 sportelli, 115 impiegati, la prossima apertura nel capoluogo di Grosseto e tante prospettive di ulteriore crescita: una bella soddisfazione. Però che sofferenza in quegli anni 90. Facevamo i bonifici a mano, ricordo che riempivamo moduli di carta chimica che venivano poi suddivisi tra i vari uffici e spediti ai corrispondenti: per arrivare a destinazione un bonifico impiegava un mese. Eppure la clientela era fedeli.
Anche le rimesse degli assegni venivano fatte a mano attraverso strisciate lunghissime e se non quadrava bisognava ripartire da capo. Fu la mia brevissima esperienza di programmatore, acquisita in un corso post scolastico, che permise l’inizio della informatizzazione di tanti processi, contribuendo così ad aumentare la produttività aziendale ma soprattutto aiutare coloro i quali dovevano provvedere a tali incombenze (spesso il sottoscritto). Era molto diversa anche la clientela, più sincera, più semplice al tempo quasi intimidita dal rapporto con “il direttore”. Erano altri tempi e non c’è spazio per raccontare gli episodi burleschi che accadevano e venivano rigorosamente raccolti nella “Cartella dei miracoli” che tanti vecchi colleghi ricorderanno e che conservo ancora in ufficio.
Le persone più importanti nella sua vita professionale…
Per primo il mio ex direttore, Sergio Acerbi, scomparso alcuni anni fa. Con lui ho condiviso oltre 20 anni di lavoro e gli ho sempre dato del “Lei”. Il Presidente Onorario Agostino Manciulli, un uomo concreto e sincero dal quale c’è stato tanto da imparare. L’attuale Presidente, Silvano Badalassi, con il quale c’è una intesa perfetta sul modo di gestire la banca e sugli obbiettivi da raggiungere. Per ultimo, non certo per importanza, colui che giudico il mio maestro: Paolo Viviani, un profondo conoscitore della banca, scomparso nel 2008. Ho sempre il rimpianto di averlo frequentato troppo poco, aveva il dono di immaginare il futuro e spesso diventava realtà.
Mannari in bancaLa crisi ha attanagliato il territorio, come ha reagito?
Il nostro territorio ha vissuto la crisi in ritardo rispetto a zone più industrializzate, quindi c’è da aspettarsi che abbia una durata maggiore. Certo la sostanziale tenuta del settore turistico ha aiutato molto ma nulla ha potuto contro la grande crisi del polo siderurgico di Piombino, il vero problema ancora da risolvere: non dimentichiamo che il nuovo corso prevede un importante calo occupazionale. La perdita dei posti di lavoro ha pesato sensibilmente sui consumi innescando una spirale negativa. Negli anni passati, ante crisi, i bassi livelli dei tassi hanno sostenuto la richiesta dei mutui per l’acquisto dell’abitazione principale, oggi purtroppo far fronte al pagamento delle rate diventa sempre più difficile ed il contenzioso nei privati, cosa fin a 10 anni fa pressoché inesistente, ha raggiunto oggi percentuali preoccupanti. Come uscirne? Onestamente non lo so, certo siamo andati oltre le nostre possibilità e qualche passo indietro lo dobbiamo fare. Allora perché non riscoprire tanti lavori artigianali? Perché non specializzarsi in servizi di qualità per il turismo e l’agricoltura?
Come vede la banca nel futuro?
Molti sostengono che le piccole banche dovranno aggregarsi per sopravvivere nel futuro, in cui aumenteranno i concorrenti sul mercato, rappresentati da grandi banche ad alta specializzazione in servizi specifici (private banking, finanza) e nella distribuzione di servizi online. I clienti delle piccole banche utilizzano le banche locali per accedere ai prodotti tradizionali, mentre per i servizi più specializzati si rivolgono altrove. I competitors cercheranno di portare via anche questa tipologia di clienti alle banche locali. Con questa consapevolezza ho scelto di sfruttare l’innovazione tecnologica a sostegno della nostra attività: recentemente abbiamo progettato ed avviato, per primi in Italia, il progetto descartes, non stampiamo quasi più niente lato cliente e stiamo estendendo tale tecnologia anche alla contrattualistica. Meno carta stampata non vuol solo dire meno costi per la banca e per la clientela ma, soprattutto, attenzione all’ambiente e salvaguardia. In tema di “green” continua la raccolta su prodotti particolari che consentono investimenti specifici nel settore: recentemente sono state donate alle scuole del comprensorio oltre 500 risme di carta ecosostenibile. Mentre il sistema sta chiudendo filiali minori,lasciando i piccoli centri sprovvisti di servizi bancari, vorrei invece poter ampliare la rete della BCC. Probabilmente meno sportelli tradizionali ma rafforzamento dei servizi di consulenza all’impresa ed al privato. Sicuramente la vera forza della banca locale è e rimarrà lo spessore della relazione con la clientela, rapporto che mai nessun colosso saprà tenere meglio di una piccola banca locale. Questo lo si deve anche ai miei colleghi, vecchi e giovani, che hanno capito la differenza tra lavorare in banca e lavorare alla banca di Castagneto Carducci.

Articolo precedenteLA VENDEMMIA DI PISTOLETTO
Articolo successivoLEONARDO RASPINI LASCIA ORNELLAIA
Toscana pura, giornalista nel Dna, ho una laurea in lettere moderne conseguita all’università di Firenze. Non ricordo bene quando ho iniziato a scrivere, ma ero parecchio bassa. I colori e i profumi della natura mi hanno sempre ispirato, la mia valigia è piena di parole… e mi concedo spesso licenze poetiche… Poi è arrivato il vino, da passione a professione. A braccetto con la predisposizione e pratica attiva per i viaggi e la cucina internazionale e ancor più italiana… assaggiare ed assaggiare… sempre. E’ giunto il momento di scriverne, con uno spirito critico attento. Da sommelier ho affinato certe tecniche di degustazione ma quello che conta nel vino,come nella vita, è l’anima. Basta scoprirla. E’ bello raccontare chi fa il vino e come lo fa. Perché il vino è un’inclinazione naturale…