La storia appassionata di Lodovico Antinori che ha avuto il grande dono di scoprire il vino di Bolgheri
Un guru per la storia del vino bolgherese. Lodovico Antinori, colui che con un tocco magico consegnò Ornellaia alla storia. E poi si cambia, perché i grandi cambiano sempre. Ora c’è Biserno nell’interno della macchia bibbonese, in alto, in contemplazione. Ma resta il fatto che il territorio è stato eletto dalle famiglie vocate e destinate alla natura e alle sue produzioni d’eccellenza. Un trittico magico, quello bolgherese, assieme al fratello Piero e al cugino Nicolò Incisa. E pensare che a Lodovico sarebbe bastato diventare un grande campione di tennis, vivere in una casetta sulla spiaggia con la famiglia e ammirare sempre quel mare e gli scorci di luce che solo la Maremma sa visivamente regalare. Ma come si sa la passione spesso non marcia di pari passo con il talento. E il talento di Lodovico era fare vino. Una persona mite, delicata nelle espressioni, un affabulatore mai scontato e che non ti stancheresti mai di ascoltare, capace di guidare attraverso ricordi e percorsi di una storia umana e di un territorio che di ricchezza ne ha da vendere.
Una storia di vita importante e di vini indimenticabili, la famiglia Antinori, e Lodovico nello specifico…
Una zona amata dalla famiglia, nostra madre Carlotta della Gherardesca era molto legata a questa terra mentre mio padre, Niccolò Antinori, soffriva molto il caldo e quindi d’estate spariva in casentino, preferiva la caccia in inverno. Bolgheri è nella nostra natura molto più forte di altre aziende presenti nel fiorentino e nell’Umbria. Un posto magico che ci ha accompagnato per tutta la vita. Un posto in trasformazione, ogni dieci anni una nuova attività: caccia, cavallo, barca a vela, pesca…Tante possibilità di vivere il tempo libero, un lusso che oggi non c’è più. Ora lo sogno, ora che sono in pensione dopo aver diretto per 25 anni un’azienda di comunicazione e marketing in Svizzera che ora seguo da consulente… Recentemente mi sono anche attrezzato con una nuova bicicletta per sviluppare un’altra mia passione ma purtroppo non sono ancora riuscito a rinnovarla.
Cuore svizzero
Mio padre mi ha fatto innamorare della Svizzera, un paese che amo e a cui devo tanto. Vi ho vissuto anni equilibrati, il sociale è straordinario, un ordine perfetto. Ci sono tanti connazionali che abitano là e vengono in vacanza nel loro paese d’origine. E soprattutto comprano tantissimi dei nostri prodotti, specialmente vino. E’ un paese con consumi stabili e hanno idee chiare su cosa gli piace, senza badare troppo al prezzo. Non seguono le mode come per esempio succede con i paesi asiatici. E non ragionano come i tedeschi che comprano solo vini a prezzo basso. Un popolo senza problemi economici, diciamo che hanno capito che i nostri vini sono i migliori nel mondo in rapporto qualità prezzo. Questo fa molto piacere, perché c’è rispetto, ci vogliono bene, riconoscono il nostro talento umano e artistico.
Una famiglia di creativi del vino la vostra…
Mio padre Niccolò e Mario Incisa il mio padrino, un fiorentino il primo, un piemontese-romano il secondo. Quello che non si sa è che mio padre era un fotografo bravissimo, ha persino pubblicato un album edito da Alinari con foto del territorio: Bolgheri, Le Sabine, foto del ’38 in bianco e nero. Due sensibilità diverse ma due grandi esempi di rispetto della natura e di apprezzamento delle metamorfosi. Mio padre parlava poco ma le foto lo raccontavano, esprimevano la sua ricchezza interiore. Sembrava un fotografo macchiaiolo in bianco e nero in simbiosi con la natura, fotografava le ombre, uno stile concesso solo a chi conosce ogni angolo di questo territorio, ogni sfumatura. Ne custodisco tante a casa lungo i corridoi e spesso le osservo, le leggo…
Lei e suo fratello Piero… due colossi del vino nel mondo… ma molto diversi…
Sì profondamente. Lui ha preso molto dalla madre e io dal padre. Piero è molto forte, mio padre gli riconobbe questa forza che conosceva bene nella moglie e gli affidò molte responsabilità, da subito. Io sono 5 anni più giovane, lui è il secondogenito, la prima figlia è Ilaria. Lei ora abita in Svizzera, ha lasciato Bolgheri diversi anni fa. Ha venduto la casa al mare, non si riconosceva più nel territorio e ha voluto chiudere un capitolo di vita. Fino agli anni ’60 ha resistito: girava a cavallo, amava lo stato selvaggio. Ora suo figlio, Niccolò, cresciuto in Francia, ha comprato una casa a Castagneto, da due mesi, e sta tornando alle origini. Il magnetismo è innegabile in questo angolo di Maremma.
Ricordi
Un episodio in particolare, quando mio cugino Enrico Incisa, fratello di Nicolò, un pò sadicamente mi buttò con un calcio in mare e si allontanò col patino, ero impauritissimo, non sapevo nuotare, ma da allora sono diventato un appassionato nuotatore. E poi i tornei di tennis in spiaggia. Ero uno spirito romantico, sognavo una casa in spiaggia da adulto, passeggiavo sulle dune e immaginavo la famiglia, l’amore. Apprezzavo gli odori che percepivo tra la mortella e il mirto e mi cullavo. Ero un commediante, amavo stare con gli amici di Piero, più grandi. I tornei di tennis avvenivano nella pinta a fianco al mare, sfide fantastiche per ore ed ore. Mio padre che faceva l’arbitro, il tifo, e tutto questo con il sogno proibito di diventare un campione ma non avevo le caratteristiche fisiche per esserlo: ero basso e con le braccia non abbastanza lunghe. E infine la passione per i cavalli ereditata dalla famiglia di origine di mia madre che in America, sopra New York, avevano una bellissima ed estesa fattoria la “Glen Farm”. Ci saranno stati 300 cavalli, vivevano nella grande Mela e poi fuggivano in campagna. Era la grande passione delle femmine della famiglia.
Lei però è responsabile di aver dato al territorio uno dei grandi vini di Bolgheri con Sassicaia, parlo di Ornellaia…
Ornellaia fece diventare una regola l’eccezione Sassicaia. Un valore immenso per il territorio.
Oggi ha un po’ di rimpianti?
Mi spiace di averla lasciata, ma l’ho fatto in un momento di debolezza, si può dire. Ha coinciso con una serie di fattori negativi che mi sono capitati: tra cui la morte di un collaboratore a me molto vicino, Dante Scanavino. Un rapporto un po’ folle ma molto costruttivo, in tanti lo consideravano un po’ strano. Era il ’99. Prima il passaggio a Doc con Ornellaia, il nostro enologo di allora, l’ungherese Tibor Gall si dimenticò un foglietto… Considerai un buon atto entrare, per solidarietà con gli altri, non per motivi promozionali o economici. E lì subimmo un’aggressione perché il foglietto non era giusto. E fummo multati pesantemente. Poi tutto si dissolse. Ma furono tempi duri e avemmo a che fare con la giustizia per una questione burocratica che nemmeno conoscevo. Accanimenti e gelosie toscane a causa di successo immediato da parte di un “outsider”!! Rimasi un po’ scioccato avendo lavorato fino ad allora all’estero, e quando arrivarono gli americani mollai… Mi sono pentito ma la mia filosofia allora come oggi è guardare e andare avanti…
Una grande intuizione la sua, è innegabile per tutti…
Si e ci tengo a dire, perché non lo sa quasi nessuno, che dietro a tutto questo progetto c’era un russo. Lo conobbi in California dove avevo altre mire assieme ad Ornellaia e gli chiesi consiglio. Dopo Mario Incisa, padrino, ci fu lui, Andrej Chelicef. La prima volta lo conobbi attraverso il suo vino nel ristorante italiano “Valentino”, di un siciliano a Santa Monica, tappa ineludibile per gli italiani che vendono vino in America. Assaggiai un vino californiano, uno Zinfandel, raffinatissimo, sembrava un francese Medoc. E dopo questo assaggio lo volli conoscere e lo invitai a Bolgheri per valutare un terreno. Rimase per un mese, legò molto con Mario. E poi un giorno passeggiando in alto a Bolgheri, dove sono sepolti i nobili di Bolgheri, trovò, a sinistra nel bosco, una lapide di marmo con il cognome del generale di suo padre, capitano dell’armata russa. Il generale Wangler, le cui figlie sposarano un della Gherardesca e l’altra un principe giorgiano, Kourakin. Le due sono sepolte là. Il fatalismo lo colpì e lo colse come un messaggio superiore. “Rimani qua, è l’Eldorado” – mi disse – “non andare là in California”. Si animò su tutto e partì il progetto Ornellaia, seguendo il suo nascere fino al decollo. Un amante degli animali e della natura, dava il nome agli usignoli a seconda del canto. Momenti magici direi e Ornellaia iniziò con serenità, nacque sotto una buona stella.
E Biserno?
Anch’esso fu scoperto da Scanavino. Bibbona allora mi sembrava lontanissima. Lui era entusiasta, lo paragonava a Masseto. Era il ’97, lo volevamo aggiungere ad Ornellaia. La affittammo a cereali, all’inizio. Decisi di cambiare rotta pensando che poteva ripetersi una buona sorte, l’intuito agricolo era buono…. Con mio fratello e il proprietario terriero Umberto Mannoni, ho ricominciato l’avventura, un’esperienza diversa da Bolgheri che ancora deve completarsi … Qui troviamo degli elementi differenti dovuti a terreno e alle varietà prescelte per il progetto. Il vino di Biserno ha gusti di rabarbaro molto marcati che stanno entusiasmando critici e appassionati. Una scelta che si differenzia da Bolgheri, ma fa parte della solita grande famiglia miracolata dell’Alta Maremma.